sabato 25 giugno 2016

Il lungo viaggio delle ortensie

Se si pensa ad un giardino, una delle prime piante che viene in mente è senza dubbio l’ortensia. Tutti la sanno riconoscere, è una di quei fiori che fanno parte delle conoscenze botaniche della maggior parte delle persone. 









Le ortensie di casa Balostro

Il nome “Ortensia” è utilizzato genericamente per indicare le varietà di Hydrangea Macrophilla soprattutto sul continente Europeo. Nel mondo anglosassone invece si predilige proprio il termine “Hydrangea” per identificare tutte le varietà appartenenti a questo genere.

Gli studiosi attribuiscono la scelta del nome Hortensia al botanico francese Philibert Commercon che la trovò sul’isola di Bourbon nel 1771 e che probabilmente la volle dedicare all’amica Nicole Reine Lepaute, chiamata Hortense.

Il secondo termine Hydrangea (scelto per identificare il genere) fu utilizzato per la prima volta dall’olandese Johann Frederick Gronov nel 1739 per identificare una pianta spontanea della Virgina. L’ipotesi più accreditata per l'origine di questo nome stabilisce che si tratta di un neologismo di derivazione greca: Hydra (acqua) e Angeon (recipiente) per richiamare la forma dei semi che ricordano antichi recipienti per la raccolta dell’acqua.

Ma da dove arriva questa pianta che predilige gli spazi un po’ ombreggiati di orti e giardini, che ha bisogno di abbondanti irrigazioni nei mesi più caldi, ma che riesce ad adattarsi molto bene anche ai terreni abbandonati dove, in assenza di potature, raggiunge dimensioni notevoli? Per rispondere a questa domanda dovremo, ancora una volta, imbarcarci su un vascello e tornare indietro nel tempo, fino al XVIII secolo.
 Ancora ortensie di casa Balostro

 La centenaria ortensia di casa Bagnasco Hydrangea macrophylla Otaksa (1894)

La prima tappa ci porta in America settentrionale alla scoperta dei primi esemplari di Hydrangea. Fu l’esploratore John Clayton ad inviare in Europa un erbario nel quale comparve il primo esemplare di Hydrangea, così chiamata dall’olandese Gronov e in seguito catalogata da Carl Von Linné. Questo esemplare di idrangea americana, in realtà aveva già fatto la sua comparsa nel giardino del mercante inglese Peter Collison nel 1736, infatti i viaggi dei cacciatori di piante spesso erano sovvenzionati da ricchi mecenati che erano i primi a ricevere semi o esemplari vivi per le loro tenute.

Tra le varietà introdotte dal Nord America, la più interessante èfu senza dubbio Hydrangea Quercifolia, così chiamata appunto per la forma delle foglie molti simili a quelle della quercia e che presenta grandi infiorescenze a forma di cono (panicoli). Ancora poco diffusa nei nostri giardini è sicuramente una specie interessante, giunta in Europa dopo il 1773, anno della prima classificazione.

 Hydrangea Quercifolia

Nel 1774 giunsero in Francia 34 casse contenenti l’erbario e gli effetti personali del già citato botanico Commercon, morto sull’Isola di Bourbon nel 1773. Per sua volontà, le copie dell’erbario furono consegnate ai principali atenei europei e ad alcuni prestigiosi giardini botanici, tra cui quello di Genova.

Di ritorno dal Nord America, il nostro viaggio alla scoperta delle ortensie prosegue a bordo di uno dei Tea Clippers della Compagnia delle Indie Orientali sul quale incontriamo i cacciatori di piante che, esplorando i giardini cinesi e giapponesi, si imbatterono in questa nuova varietà botanica inizialmente paragonata al Viburno e al Sambuco.

A Londra nel frattempo venne fondata la Linnean Society, diretta da Sir James Edward Smith che acquistò tutto il frutto del lavoro di Linneo  e pubblicò, tra il 1790 e il 1793 la tavola di una nuova varietà di origine cinese Hydrangea Hortensis inviata nel 1790 da Sir Joseph Banks (lo stesso dal quale presero il nome le Rose Banskiae) e importata in Inghilterra dallo stesso Mr Slater che introdusse una delle quattro rose cinesi di cui abbiamo già parlato, la Slater’s Crimson China.

Per tutto l’ 800 continuò il febbrile e affascinante lavoro di cacciatori di piante e botanici che introdussero in Europa e a catalogarono nuove varietà di questa affascinante specie diffusa spontaneamente nelle Americhe e in Asia. 

Anche nel corso del ‘900 continuarono le importazioni e iniziarono le ibridazioni.

In base a quanto suggerito dall’ibridatore Michael Haworth-Booth le infirorescenze  si possono classificare in due tipologia: mophead, cioè globosa, quella della tipica ortensia, e lacecap, cioè a cuffia di pizzo tipica delle varietà giapponesi. Molto interessante fare un tuffo all’interno di queste spettacolari infiorescenze: i petali colorati più grandi sono sterili, servono soprattutto per attirare gli insetti impollinatori sui più piccoli, a volte minuscoli, fiori fertili.
 Fiori fertili di Hoi-no-hoshi
                                                           

Hydrangea serrata Hoi-no-hoshi nel mio giardino scoperta nel 2000 in Korea

Le foglie possono avere dimensioni e forme diverse. Normalmente sono caduche e di forma ellittica e lanceolata. Alcune hanno profonde nervature. Ricordo che uno dei giochi preferiti della mia infanzia era “cucinare” per finta le foglie delle ortensie del giardino di Langasco, ormai centenarie. Normalmente erano bistecche, ma tagliate e striscioline sottili potevano anche diventare ottime tagliatelle al pesto. I fiori erano per lo più ravioli o squisiti dolcetti.

Attenzione però perché l’ortensia non è una pianta commestibile. L’unica cultivar edule è la Hydrangea serrata Oamacha, dalla quale i giapponesi estraggono un tè dolce utilizzato anche per rituali lavaggi della statua del Buddha.

 Hydrangea Oamacha


  Hydrangea "Romance" nel mio giardino

  
  Hydrangea "Mirai"nel mio giardino (1990 Mototeru Yatabe)


Ringrazio Simona, Cristina e Franco per avere condiviso con noi le foto delle loro spettacolari ortensie. 

Per approfondire la conoscenza delle ortensie suggerisco "Ortensie e idrangee" Eva Boasso Ormezzano. Edito da L'Artistica Editrice

Le immagini di Hydrangea Quercifolia e Oamacha sono tratte dal web






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